La pandemia da Covid 19 ha sicuramente messo sotto i riflettori le strutture ospedaliere, evidenziandone ancora di più le criticità e portando a meditare sui cambiamenti che saranno necessari per garantire risposte immediate in caso di future emergenze sanitarie. Come rendere flessibili e resilienti le nostre strutture attuali e progettare al meglio quelle future?
In un articolo, scritto a quattro mani insieme all’architetto Margherita Carabillò, l’ingegnere Fabio Inzani fa il punto sulle criticità e sull’obsolescenza del “processo industriale” che governa i nostri ospedali e sulle sfide da affrontare per chi si occupa appunto di immaginare gli ospedali del futuro. L’ingegnere è anche Presidente di Tecnicaer, una società specializzata nella progettazione di strutture socio-sanitarie, scolastiche, militari, terziarie, per la detenzione.
Nell’articolo in questione si parte da una semplice e amara osservazione, ovvero che nonostante qualche “rinnovamento dettato dall’incalzare della tecnologia, all’interno dei nostri ospedali si utilizzano ancora processi che fanno riferimento a modalità operative in auge negli anni Settanta”. Un dato che mette bene in evidenza l’arretratezza del nostro sistema sanitario, soprattutto considerando che si tratta di imprese che utilizzano “risorse economiche e finanziarie ingenti” e che negli ultimi 50 anni “sono profondamente cambiate le condizioni demografiche e sociali”.
I modelli organizzativi devono cambiare avendo chiaro il significato attuale e futuro del “fare medicina” (pena la realizzazione di ospedali vecchi e superati), ma anche i “contenitori” devono essere flessibili e resilienti per potersi adattare a tali cambiamenti organizzativi. Come Fabio Inzani già propone nei progetti realizzati dalla sua società, un elemento imprescindibile nelle strutture ospedaliere che verranno sarà l’integrazione di impiantistica avanzata e tecnologie all’avanguardia. L’idea è che gli ospedali “andranno pensati in funzione dell’attività e dei processi di cura, con maggiori spazi per i servizi clinici e la ricerca, con una strettissima integrazione con le tecnologie digitali e biomediche”. Insomma, dovrà essere messo a punto “un sistema sanitario senza muri in cui ospedale reale e ospedale virtuale collaborano e si integrano nella cura dei pazienti”.
Ad oggi, una simile realtà è già osservabile in alcuni Paesi del Nord Europa. Di fatto, la pandemia ha reso evidente che le carenze strutturali legate alle strutture sanitarie derivano dall’aver trascurato già in fase di progettazione iniziale l’importanza di definire accessi e separazione dei percorsi, dallo stato di obsolescenza in cui riversano i nostri ospedali e dalla mancata revisione dei modelli organizzativi. Volendo prendere ad esempio la razionalizzazione dei flussi all’interno delle strutture ospedaliere, questi dovrebbero essere “una componente indispensabile del disegno organizzativo”, invece durante l’emergenza sanitaria si è data prova di inefficienza da questo punto di vista. “Se già avessimo risolto efficacemente in ‘tempo di pace’ le lunghe code, le spesso infinite attese e le conseguenti situazioni di ‘overcrowding’, parte delle soluzioni prospettate in epoca Covid sarebbero già state attuate”.
La strada è ancora lunga e per riuscire a cogliere e interpretare al meglio i cambiamenti in atto, secondo Fabio Inzani e il team di Tecnicaer, c’è bisogno di “risposte concrete, efficaci e durevoli”.