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Giovanni Lo Storto: “Il senso dei perché”

L’editoriale di Giovanni Lo Storto per il quotidiano online le formiche

La sfida della tecnologia è oggi sintetizzabile nella contrapposizione tra uomo e macchina. Eppure, questo non aiuta a comprendere il ruolo che la tecnologia e l’automazione può giocare a supporto dell’attività umana. Alan Curtis Kay definì la tecnologia come tutto ciò che è stato inventato dopo la propria nascita. La vera sfida, in realtà, sarà tra l’uomo e il rischio più che evidente di una sua minore rilevanza in un futuro in cui i robot saranno sempre più in grado di compiere molte delle azioni che prima erano esclusivo appannaggio dell’uomo. Il dilemma è etico, prima ancora che tecnologico. Il tema delle emozioni è interessante. Tendiamo sempre a pensare a esse come a flussi spontanei del cuore, dunque mai replicabili da un algoritmo, quando in realtà, ci spiega lo storico Yuval Noah Harari, si tratta di risposte biometriche prevedibili a livello analitico poiché seguono un pattern ben preciso. L’automazione non è giusta, né sbagliata. Nessuna innovazione è intrinsecamente giusta o sbagliata in senso assoluto. Occorre però capacità di discernimento e una bussola ben precisa per sapersi orientare in un mondo che muta repentinamente i suoi confini. Quando cambia l’economia cambia la formazione. E sempre stato così. Le persone si formano sulla base dei valori che la società ritiene rilevanti. Oggi, nell’era digitale, occorre una formazione che consenta di uscire dalla necessità di interpretare dati e fatti. L’alfabetizzazione digitale e le abilità che occorreranno per prosperare in questa nuova economia tecnologica dovranno rendere i nostri figli capaci di affrontare le difficoltà e le sfide del lavoro con un approccio diverso, adattabile e globale. La scuola e le università devono diventare ancora di più il motore di un apprendimento esteso, in durata e larghezza, preparando anche a ciò che ancora non vediamo. Per essere a prova di robot nel posto di lavoro, le università dovrebbero aggiornare costantemente i loro percorsi di formazione. L’università deve riprogrammare gli ingranaggi mentali dei ragazzi, calibrando le capacità creative e l’elasticità mentale per inventare, scoprire o produrre qualcosa che la società ritiene importante. Qualunque cosa sia, deve essere originale e uscire dagli schemi della routine. Invece di formare lavoratori, la scuola oggi deve formare creatori. La linea di demarcazione tra uomo e macchina, in fin dei conti, è la curiosità. E questo il fattore determinante per rimanere rilevanti nell’era di sviluppo tecnologico che stiamo vivendo. Non dobbiamo formare specialisti della contingenza, ma generalisti specializzati, figure in grado di applicare un metodo a più nozioni, che trovano costantemente modi di alimentare la propria curiosità e voglia di apprendimento. Si stima che in media un bambino faccia 288 domande ogni giorno, molte delle quali iniziano con “perché?”. Lo fanno perché vogliono continuare a parlare con gli adulti, perché ciò stimola il loro processo di apprendimento e li fa crescere dinamici e adattabili. I robot sono già perfetti esecutori, ma l’uomo è in grado di elaborare un giudizio di merito. È questo che ci farà restare umani nell’era della trasformazione e ci consentirà di vincere la battaglia dell’irrilevanza: la capacità di chiederci il perché delle cose.

FONTE: Le Formiche

AUTORE: Giovanni Lo Storto

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